Una piccola stella senza cielo
Luciano Ligabue
“A cosa è servito credere, amare, soffrire? Perché su questa terra chi è felice deve, per una questione incomprensibile, soffrire presto e non godere a lungo? Perché Dio ha bisogno presto al piano di sopra delle persone migliori? Fatto curioso, queste muoiono sempre giovani e molto prima degli imbecilli: il segno per dire che il Paradiso non è quel che ci viene detto d’essere?”
E’ il grido di dolore di Matteo Sellèri, nato nel ‘55 nel Bolognese, giornalista, titolare di Frutta & Company srl Società di consulenza per comunicazione, ufficio stampa, organizzazione convegni, presentazioni, congressi, strategie aziendali, che ha pubblicato un libro dal titolo “Un fiore che non appassisce mai” (Società editrice Il Ponte vecchio”), dedicato a sua moglie, Margherita, morta sei anni fa, devastata da un cancro prima al seno, poi ai polmoni e al cervello.
Un’autobiografia commovente, un elogio dell’amore autentico, puro, che non si è spezzato nonostante quattro anni di lotte contro un male impietoso. Che spesso agisce “come un esattore delle tasse – scrive il giornalista – è puntuale, lì, pronto e presente a ripetere le sue pretese, dove i suoi pignoramenti colpiscono il corpo e l’anima ed alla fine ti portano via”.
Il lutto ha cambiato la vita di Matteo, gli ha sconvolto il rapporto con Dio, e pure le relazioni con alcuni che prima della malattia, considerava amici. Gli ha fatto conoscere l’indifferenza e la superficialità di alcuni medici e il calore della famiglia. Gli ha fatto toccare il fondo e riscoprire il gusto di vivere. Di ricominciare.
L’abbiamo intervistato.
- Come è cambiata la sua vita dopo la malattia di sua moglie?
- Significa che sta guarendo?
- Ce l’ha ancora con Dio?
- Crede ancora in Dio?
- E quanto ha creduto in lui quando sua moglie si è ammalata?
- Quando nel periodo della malattia parlava con Dio, cosa gli raccontava?
- Era arrabbiato o rassegnato?
- Cosa è successo nel rapporto con i suoi figli?
- In cosa ha trovato la spinta per andare avanti prima della morte?
- E ora?
- Ha perso fiducia nella medicina e nei medici?
- Un dolore grande come quello che ha provato si può accettare con rassegnazione?
- Quanto la malattia ha cambiato sua moglie?
- Mi ha detto che la morte di Margherita le ha insegnato a capire meglio la vita. Qual è il senso della nostra esistenza? Ora è più chiaro?
- Immagino dia ora più importanza alle gioie quotidiane.
- Quali sono i suoi piccoli momenti magici che le ridanno vita?
- Di sua moglie cosa le manca di più?
- Ora ha una nuova compagna. Come sta cambiando la sua vita?
- Come vede il futuro?
- Cosa si aspetta dalla vita?
- Cosa direbbe a chi sta vivendo un dolore simile al suo?
- E a chi non sa più come vivere la sua vita?
- Qualche volta parla con sua moglie?
- Cosa le dice?
- Pensa l’ascolti?
Come è cambiata la sua vita dopo la malattia di sua moglie?
E’ cambiata tutta. Mi sono trovato a fare da padre e madre a nostra figlia Benedetta, che in quel momento aveva 8 anni. Sono diventato più ruvido nei rapporti interpersonali. La quotidianità affrontata da solo, ho toccato il buio, ma sono risalito grazie, soprattutto, alla presenza di Benedetta ed ho potuto assaporare la gioia della rinascita, del ricominciare.
Significa che sta guarendo?
Mi dico che sono fortunato, perché sono qui a rispondere alle sue domande.
Ce l’ha ancora con Dio?
Non accetto più la religione, ma la fede mi è rimasta. I veri valori della vita li conoscevo anche prima, ma ora posso dire d’aver avuto la controprova.
Crede ancora in Dio?
Credo nel Dio che ha fatto gli uomini, non nel Dio che gli uomini hanno fatto. Dio è rappresentato dalle persone che amiamo al di là di ogni confine. Credo in Dio per quanto mi fa credere nell’amore, nell’onore e nel rispetto come salvezza di vita.
E quanto ha creduto in lui quando sua moglie si è ammalata?
Nel Dio di cui le ho detto sempre.
Quando nel periodo della malattia parlava con Dio, cosa gli raccontava?
Gli chiedevo di togliermi degli anni di vita e regalarli a mia moglie, in modo tale da morire insieme e far crescere un po’ di più Benedetta con noi.
Era arrabbiato o rassegnato?
Deluso. Mi sono sempre chiesto perché le persone migliori muoiono prima degli imbecilli.
Cosa è successo nel rapporto con i suoi figli?
I figli? Nessuno ci chiede di concepirli, ma quando li hai devi essere un genitore presente ed accogliente. E devi saper ascoltare. Quanto a Benedetta, viviamo l’uno per l’altra. Gli altri, sono adulti e sposati. Ma io ci sono sempre.
In cosa ha trovato la spinta per andare avanti prima della morte?
Nella mia ironia e forza d’animo. In Benedetta.
E ora?
Nella mia ironia e forza d’animo, in Benedetta e nella mia nuova compagna, coraggiosa e paziente.
Ha perso fiducia nella medicina e nei medici?
Ci sono medici con la coscienza, ma come vorrei essere un medico per curare un altro medico. Che strano, chiamano gli ammalati “pazienti”, in realtà li trattano da sudditi, mentre i veri pazienti dovrebbero essere loro
Un dolore grande come quello che ha provato si può accettare con rassegnazione?
No.
Quanto la malattia ha cambiato sua moglie?
Per niente. Era sempre serena, propositiva, innamorata di me. Aggiungo che , poco prima di morire, mi ha confidato di stare tranquillo, di non sentirmi in colpa nel caso avessi trovato un’altra donna con cui vivere, purché questo avesse avuto dei risvolti positivi per nostra figlia.
Mi ha detto che la morte di Margherita le ha insegnato a capire meglio la vita. Qual è il senso della nostra esistenza? Ora è più chiaro?
Sì. Innanzi tutto vivere per la persona che ami, amandola come un adolescente, rispettandola dal profondo del cuore e del cervello. Poi ho capito che i valori espressi dalla nostra società sono futilità allo stato puro, che la politica più difficile è quella delle piccole cose quotidiane, ma che è bello poterle vivere con gioia, serenità, condivisione. Infine, l’importante è credere in sé stessi ed in quello che di buono hai costruito.
Immagino dia ora più importanza alle gioie quotidiane.
Si.
Quali sono i suoi piccoli momenti magici che le ridanno vita?
Sapere Benedetta felice e compresa, farle capire, come ha capito, che non sarà mai abbandonata. Alludo alla quotidianità del buongiorno al mattino, della colazione insieme, del valore insostituibile che ha la famiglia. E poi avere una compagna che mi accetta per come sono e che ha sfidato un passato come il mio.
Un po’ di tempo fa abbiamo intervistato Giacomo Cardaci (vedi il sito www.voglioviverecosi.com), un ragazzo che si è ammalato di cancro e poi è guarito, il quale dice che il dolore non fa migliorare, anzi rende più fragili. Cardaci é convinto che per arrivare alla felicità non serva passare dal dolore. La pensa come lui?
No
Di sua moglie cosa le manca di più?
Non si può quantificare o classificare.
Ora ha una nuova compagna. Come sta cambiando la sua vita?
Grazie a lei ho ricominciato. E’ scattato in me un meccanismo al quale non so dare risposte logiche, ma è successo. Mi ha tolto da un mondo per regalarmene un altro. Diverso da quello di prima, molto più difficile. Ma insieme lo stiamo rendendo positivo.
Come vede il futuro?
Bellissimo.
Cosa si aspetta dalla vita?
Di viverla.
Cosa direbbe a chi sta vivendo un dolore simile al suo?
Che la vita è come una partita di calcio, ha due tempi e, forse, i tempi supplementari.
E a chi non sa più come vivere la sua vita?
Di credere in sé stessi, nell’onore e nell’amore nelle sue espressioni, eros, agape, philia.
Qualche volta parla con sua moglie?
Si
Cosa le dice?
Che è stata un’asina ad andarsene così presto.
Pensa l’ascolti?
Sì
Intervista di Cinzia Ficco