“Gli perdono di avermi sfruttata, rovinata, umiliata. Gli perdono tutto, perché ho amato”
Sono le parole di Eleonora Duse nei confronti di quello che fu l’unico amore della sua vita, anche se il loro rapporto fu parecchio tormentato. La Divina lo amò senza riserve, ma il Vate la tradì non solo dal punto di vista sentimentale, ma anche sul lato professionale. Il Vate si servì della Duse che fu costretta a pagare i tanti creditori del poeta, Gabriele D’Annunzio, amante del lusso, oltreché delle donne. Si contano ben quattromila amanti.
Lui ha cinque anni meno di lei e non se li porta molto bene. Non è mai stato un bell’uomo. Alto 1 metro e 64 aveva persino i denti cariati, ma era un grande affabulatore. Si erano intravisti in un paio di occasioni.
La loro storia comincia con uno scambio epistolare. La Duse che ha appena letto L’innocente convince il Vate a preparare un’opera per lei da portare in scena. Il poeta non ha altro testo pronto che Elegie romane. Ma è dopo aver letto Il Trionfo della morte che la Duse comincia a sentire per lui un’attrazione morbosa. Lo chiama il poeta infernale. Lui esercita su di lei un fascino ambiguo di attrazione e insieme di ripulsa. “Preferirei morire in un cantone piuttosto che amare un’anima tale. D’annunzio lo detesto, ma lo adoro” confiderà ad Arrigo Boito, poeta, compositore, fino a quel momento l’uomo più importante della sua vita.
D’annunzio si dona, e la Duse si preoccupa di esaudire tutti i suoi capricci. Nell’autunno del 1895 i due amanti stringono il cosiddetto Patto d’Alleanza, vagheggiando un teatro dell’avvenire, che non si realizzerà mai.
I due, così, vicini, non lasciano i rispettivi partner. La situazione più complicata è quella del Poeta. Dopo il matrimonio riparatore con la duchessina Maria Hardouin di Gallese, 18 anni, abbandonata al terzo figlio e l’appassionata relazione con Barbara Leoni, è legato ad una focosa principessa siciliana, che gli ha dato una bambina, Maria Gravina Cruyllas di Ramacca, già separata e madre di quattro figli. Il marito tradito sfida D’annunzio a duello e lo trascina in tribunale con Maria. Saranno condannati a cinque mesi, ma no non sconteranno la pena per un’amnistia. Secondo alcuni biografi centocinquanta sarebbero state le sue amanti certe. Mezzo migliaio, secondo altri. Addirittura quattromila, quelle che affollarono il suo harem, dove non mancavano sniffate di cocaina.
La Duse, figlia di attori girovaghi, debutta sulle scene a cinque anni nella parte di Cosetta. A 21 anni viene sedotta e abbandonata da Martino Cafiero, giornalista napoletano e deputato, bello e brillante. Qualche anno più tardi Cafiero sarà stroncato dal colera. L’aveva messa incinta. In tutte le sue disavventure la Divina poteva contare su un’amica vera: Matilde Serao.
Di nuovo in attesa di un bimbo, sposerà, ma senza esserne innamorata un amore di secondo piano Tebaldo Checchi. Da lui avrà Enrichetta, che vivrà sempre lontana dai genitori. I due figli di Enrichetta prenderanno entrambi i voti.
Ad infiammare l’attrice sarà solo D’annunzio, a cui un giorno lei scrive: “Ti amo, ti amo e non oso più dirtelo”. Ma il Vate è sempre sfuggente, capriccioso e soprattutto attivo. Per non dormire assumerà stricnina come stimolante del sistema nervoso. Perché “gli araldi della gloria -diceva – sono l’insonnia e l’attivismo”.
Intanto il suo Sogno di un mattino di primavera, sua opera teatrale andato in scena a Roma è un fiasco. E non viene accolto bene neanche a Parigi. Lui se la prende con Eleonora. Comincia a corteggiare l’attrice Sarah Bernhardt, che egli giudica più celebre e più adatta a soddisfare le sue ambizioni.
Tanta la differenza tra le due. La prima molto più moderna è un’interprete rivoluzionaria , detesta la gestualità ampia olteché i belletti. L’altra è ottocentesca e trova il Vate parecchio brutto. Sembra abbia confidato ad un amico che gli occhi del Poeta sembravano due piccole cacche.
Per Sarah, 54 anni, D’annunzio scriverà Francesca da Rimini, altra tragedia che riscuote un discreto successo. Alla Duse l’allestimento è costato la cifra esorbitante di 400 mila lire. E quando il Vate, come invasato, scrive la Città morta, la Duse, indebitatissima, accetta una nuova tournèe in America pur di accantonare i fondi necessari a poter mettere in scena la pièce. Ma una volta tornata, scopre che il ruolo di Anna, la cieca è stato affidato alla Bernhardt.
Cominciano i primi dissapori e il poeta continua a farle del male. Lei sembra più una madre rassegnata che un’amante. A lei toglierà il ruolo di protagonista nella Figlia di Iorio, scritto per la Duse, che invece sarà affidato, ad insaputa della Divina ad Irma Gramatica, più fresca per interpretare Mila di Codra. E’ la rottura. Ma D’annunzio non rimarrà solo. Si innamorerà della marchesa Alessandra di Rudinì, figlia dell’ex presidente del Consiglio.
Nel 1904 Eleonora scrive una lettera al Vate, in cui gli chiede di non scrivere più parole dolci. A 51 anni ormai malata la Divina torna sul palco. Ma all’età di 66 anni, il lunedì di Pasqua del ’24 muore di tubercolosi. Sola. Anche se nel ’22 si erano rivisti per caso a Milano, dopo diciotto anni. Devastato dal rimorso D’annunzio dice per la prima volta la verità: E’ morta quella che non meritai.